Volontariato

Il senso del volontariato

La parola “volontario” (e volontariato) deriva dal latino voluntariu(m), che, a sua volta, deriva da voluntas, voluntatis, volontà.

Nell’italiano moderno tre sono i significati fondamentali di questo termine.

Vediamoli brevemente:

  1. come termine militare, indica il servizio prestato in un corpo dell’esercito per un numero determinato di anni;
  2. negli enti civili pubblici o privati è la prestazione di lavoro volontario, con o senza retribuzione, per acquisire la pratica necessaria in un’attività professionale (ad esempio,fare il volontario della Protezione Civile);
  3. attività prestata gratuitamente per iniziativa volontaria, da associazioni, gruppi o singoli, specialmente nel campo dei servizi sociali e assistenziali.

Nonostante le diverse forme e i vari significati che la parola “volontario” assume nei diversi ambiti, il substrato comune che caratterizza tutti i tipi di attività di questo settore – che si basano sulla libera scelta, la motivazione e la volontà di ogni individuo – è rappresentato dalla mancanza di interesse per un guadagno finanziario: la scelta di rinunciare ad un compenso per un’attività lavorativa svolta spesso in condizioni difficili è senza dubbio un segno di solidarietà e di altruismo, ma anche di giustizia sociale in tutti quei contesti problematici in cui serve un intervento “riparatore” o un aiuto a persone, cose o ambienti. Basta sfogliare la guida mondiale al volontariato umanitario, il “World Volunteers”, per scoprire le infinite opportunità di “dare una mano” a chi si trova in difficoltà.

È chiaro che il volontariato non sostituisce né rimpiazza il lavoro professionale (e pagato), ma, comunque, favorisce lo sviluppo di una società democratica e solidale e reca beneficio sia ai volontari che alla comunità.

Il volontariato, come si legge nel documento di Legge n. 266 del 1991, che regola il volontariato organizzato e ne istituisce le strutture su base regionale (i Centri di Servizio per il Volontariato), rappresenta “un modo di essere della persona nell’ambito dei rapporti sociali o, in altre parole, un paradigma dell’azione sociale riferibile a singoli individui o ad associazioni di persone. Esso costituisce un modello fondamentale dell’azione positiva e responsabile dell’individuo che effettua spontaneamente e gratuitamente prestazioni personali a favore di altri individui o di interessi collettivi degni di tutela.”

Ma nessuna legge può dire quale sia il senso del volontariato: cosa spinge tante persone a dedicarsi ogni giorno agli altri? Forse, per seguire uno dei più bei comandamenti di Gesù “amerai il prossimo tuo come te stesso”, o, ancora, “tutto ciò che farete anche solo al più povero dei miei fratelli, lo avrete fatto a me”. Questo, però, non basta. Molte, infatti, sono le associazioni di volontariato laiche e molti sono i volontari non cattolici cristiani, che scelgono la via del volontariato per realizzare se stessi aiutando i meno fortunati. Centinaia di persone, tutti i giorni, dedicano alcune ore del proprio tempo ad attività volontarie che hanno al loro centro la presa in carica di situazioni difficili, la cura dei beni di interesse generale, il sostegno a persone in stato di sofferenza, di solitudine.

Nella sua nuda essenza e nella sua solida sostanza, il volontariato è il farsi carico di qualcuno e/o di qualcosa che nessun altro cura con lo stesso spirito disinteressato, con la stessa forte, ma gratuita motivazione. Questo è il senso profondo e vitale dell’azione e dell’esperienza di volontariato, a cui si possono collegare le esperienze associative, le organizzazioni no profit o i servizi pubblici, le istituzioni, o enti e imprese che collaborano per un progetto condiviso. Ma è quel nucleo vitale a fare la differenza: è nella motivazione interiore e soggettiva il senso dell’azione volontaria.

Perché si diventa volontari? Per amore del prossimo? Per amore del mondo? Per insofferenza verso i vuoti lasciati dalla società, dalle istituzioni o dal proprio ambito familiare? O per amore di sé, per uscire dall’isolamento e potersi confrontare con l’altro, il diverso, il dis-uguale, alla ricerca di una comunicazione feconda per entrambi. Le ragioni sono molteplici, e per ogni persona impegnata nel settore ce n’è una prevalente. Ma per tutti è forte un sentimento di empatia, di partecipazione, di amore. In greco la parola che esprime tutto questo è filia, amicizia.

Tra i criteri utilizzati per definire il volontariato ce n’è uno che ha un rilievo speciale: quello della gratuità, inteso come assenza di retribuzione per le prestazioni offerte, ma soprattutto come atteggiamento etico che privilegia il fine solidaristico ed altruista rispetto a quello utilitarista.

Il volontario che si chiede perché fa certe cose, perché dedica parte del suo tempo all’impegno per gli altri, che si domanda “chi me lo fa fare?” ha sbagliato bersaglio: il suo è un atto che serve semplicemente a mettergli la coscienza a posto, lasciando intoccata la sua struttura mentale e interiore, perché la carità, pur generosa, non è condivisione. La vera sostanza, come si è accennato sopra, è la motivazione a fare, che va cercata nel “perché interiore”; molti giovani si avvicinano al volontariato con la speranza di un lavoro, altri per cercare amici, altri ancora per dare un senso alla propria vita. Le persone anziane, poi, hanno tanti e vari motivi per arrivare a fare volontariato. Ogni scelta motivata va valutata (e non nascosta), ogni persona va accolta per ciò che è, ma può essere aiutata a crescere nell’impegno.

Ognuno ha i suoi tempi, le sue modalità, il suo livello di consapevolezza: l’importante è condividerlo e confrontarlo con quello degli altri, a partire dalle persone vicine per arrivare a coloro che in altri contesti hanno fatto scelte simili. In ogni caso, quali che siano le motivazioni di ognuno, il volontariato diventa fondamentale nella società attuale, in cui il sistema del welfare è insufficiente ad assicurare a tutti un po’ di benessere, né le istituzioni, pur sensibili ai bisogni dei cittadini, sono capaci di soddisfarli tutti.

La solidarietà e la carità sono tutt’altro che inutili. Magari, per non inflazionare queste parole, bisognerebbe parlare di meno e fare di più. La retorica rende odioso anche il gesto più umano.

 

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